sabato 6 giugno 2020

Torino - Sampdoria 3-1

da La Gazzetta dello Sport del 4 ottobre 1976 

Non so da quanti mai anni non mi capitava di assistere a un incontro giocato tra la squadra campione e una delle ultime della classe. Ho temuto per molto di non capirci nulla. Troppo grandi i campioni, troppo deboli i Massinelli del campionato? Intanto prendevo note sull'ambiente, che p.es. il cielo era molto fiammingo con sfumature di un rosato grigio-perla dietro le colline, verso il nostro paese. Altre note: il pubblico del Torino, non gente richiamata dall'incontro ad eccezione, bensì fedeli "cont el coeur in man" di quelli che finora aveva notato così numerosi qui solo per la Juve. Oltre alla gente con cuore in mano, sulla tribuna Popolare Nord una turba di ossessi che fanno fantasia randelladendo tamburi come neanche nel Ruanda-Urundi quando finiscono le grandi piogge.
Il tempo è quello dei campioni ai primi scambi: girandole arrembanti, dribbling persino gratuiti (ma vinti), scambi vezzosi, recuperi con l'aria di dire: dove vuoi andare, povero untorello?
Il nasone di Castellini è una prua rovesciata: a quest'ora sfrigolano i missoltini sotto il grande camino di Bondin Posca al Crotto del Misto; intorno sono gli amici con la pinta di coccio bianca e azzurra.
Vediamo come se la cavano dalla panchina. Luis Radice manda Salvadori dietro a Savoldi II, il cui stile ricorda i dadaisti; marca DeGiorgis con Mozzini e Saltutti con Danova.
Dall'altra parte Arnuzzo su Pulici, Zecchini su Graziani, Ferroni su Claudio Sala, il poeta. In centrocampo, turbinare di gente o troppo presa o troppo distaccata. Pecci caracolla su immani racchette da neve. Lo segue Bedin perplesso. la finta ala Orlandi se la fa con Patrizio Sala, Tuttino il biondo segue Zaccarelli.

Dico a Giovanni Balma, vecchio amico di parte granata, "sarà un 2-2": mi guarda con offeso stupore: dice che non meritavo un maestro come Baloncieri. Dico "i tuoi campioni sono smorbi" che in dialetto lombardo significa svogliato, e si dice di ragazzini schifiltosi a tavola. Mentre mi distraggo con Balma, Puliciclone accoglie l'invito del Pat Sala e saggia la prontezza di Cacciatori che risulta notevole.
È il 4' di gioco. Esattamente 25" dopo, parte in dribbling Claudio Sala sulla sinistra e salta Ferroni per un cross fin troppo energico; la palla sorvola l'area e trova Pulici pronto a incornare dalla destra: non in rete, dico, bensì per il piatto sinistro di Graziani che infila da pochi passi.
I tamburi ruandaurundesi intronano tutti. Il pubblico non musicomane è in piedi per il suo Tantum Ergo di grida gioiose e di applausi.
Così, stesa nel primo knock-down, l'umile e onesta Sampdoria salva la faccia attaccando. Passano 2'05": un cross di Claudio Sala da destra trova Graziani per l'incornata del 2-0. Esterrefatto Cacciatori guata i compagni come suole Tati nel suo famoso numero del portiere. Una sosta al capogiro viene concessa dal paso de adios di Claudio il poeta. Si tocca la parte posteriore della coscia destra. Una contrattura. Non zoppica nemmeno, tanto deve esser vera. Si scalda Butti e prende il suo posto. Il pubblico lo saluta magnanimo. Tanto grande è il Torino che il suo genio non è più necessario. Esca e si curi, bravo figlio.
Attaccano i sampdoriani, decisi a salvare faccia e reputazione; cicca un possibile gol Graziani sventagliando a volo il sinistro su un cross di Salvadori; sbatte fuori una palla gol di Graziani il frenetico Puliciclone.
Tutto questo che ho detto, entro il 13' che figura a chiare note accanto a una clamorosa topica di Tuttino: la palla per il possibile 1-2 gliel'appoggia Bedin molto abilmente: il biondo va in confusione e tocca in modo da allungare troppo; Castellini abbassa il nasone come un vomero e acchiappa. Forse ringrazia pure: ma deve pentirsi dell'ironia (se ringrazia) esattamente un minuto dopo: si presenta De Giorgis, traccagno di istinti belluini; slalomeggia tra Mozzini e Caporale, ritrova coordinazione in corsa e molla un destro così teso e protervo che Castellini deve mettersi in volo a pugni tesi. Applausi a Castellini (mica al De Giorgis, se capiss). Guardo Giovanni Balma e tento una smorfia: mi ripaga con un'occhiata sdegnosa. Attacca ancora e sempre La Samp: è in carrozza il Torino, Ma gli si scaldano gli assali senza frutto. Uscito fuori il poeta, di versi non se ne azzeccano guari. Difficile esprimere un epos in umile prosa.
Vengono ammoniti Pecci e Arnuzzo, sicuramente per reciproco turpiloquio. Noto che il Torino non vuole forse non riesce ad essere maramaldo. L'incipiente goleada si ferma Sul 2-0. Io Sono sconcertato dall'impari confronto: manca il Torino e sta riemergendo La Samp?
Giunge notizia che la Juventus è avviata a espugnare l'olimpico. I ruandurundesi eguagliano i pretoriani milanisti (eh, sì, siamo anche noi in geopolitica) e invocando con berci la rivale cittadina la vaffanculeggiano pure in deplorevole modo. Pensa te come sarei infelice, se amando tanto il calcio fossi di sangue blu!
Ripresa. Nubi orrende sul nostro capo. La striscia grigio perla dietro le colline è scomparsa, decisamente affogata nel plumbeo. La Sampdoria attacca di buona voglia e il Torino ha l'aria di chi, astuto, s'ingegna solo di aspettare le stecche. Intanto allarma Giovanni Balma e non lui soltanto. Ho detto o no che fanno 2-2?
Vedessi almeno alzarsi e inveire Luisin Radice! Niente. Vedo solo Savoldi II aprire comoda palla gol a Tuttino sulla destra: il marrano, del quale avevo letto elogi in chiave piemontese (ah, Barba Gili!), leva a vuoto, il piedone destro e allunga palla con il sinistro in appoggio. Penso che sia il gesto di più evidente broccaggine che possa mai compiere un bipede uomo giocando a calcio. Se almeno questo Tuttino non fosse tanto zelante nello smarcarsi! A conti fatti, ne ha sprecate tre: e siamo soltanto al 47'30".
Savoldi s'arrabbia con Tuttino ma non con De Giorgis, al 4'50": Savoldi dribbla sull'estrema sinistra; distrae Salvadori e serve il centravanti, che ingobbisce, controlla, spara: il diagonale destro è perentorio e preciso: ha un bel volare Castellini: il tiro lo uccella: 1-2.
Guardiamoci negli occhi, Giovanni Balma. L'amico scuote il capo arrossendo. La Samp non rifiata, insiste. Qualcuno gioca pure nel suo centrocampo (Orlandi, Bedin, Savoldi) e avanza con assidui palleggi, e il contropiede è tutto e solo per il Torino. Un triangolo fra il Pat e Puliciclone, in stretto dialetto brianzolo, finisce "in vaccam" perché Puliciclone spreca il sinistro da fuori. Poi ci si prova Pecci, poi ancora il citato Pat, infine Graziani facendomi balzare all'impiedi (ma sì, Balma: di fòlber si può delirare): il centravanti nazionale pianta tutti alle spalle è tira tale fendente che infila la palla in rete dall'esterno: nella nostra retina, invece, una traccia lieve e fulminea: tutti gridiamo al gol. Graziani si impuntiglia, a tanti applausi, e tenta un altro scatto che Lippi gli impedisce placcandolo da rugbista (e viene ammonito per evidente equivoco sul gioco). Savoldi Lascia che le due punte De Giorgis e Saltutti finiscano in offside e poi li serve papale papale. Si arrabbia: esce di campo (onestamente non so per quale trauma: se psichico oppure osteo-muscolare). Entra tale Chiorri che dribbla con animo stranamente sereno.
I torinisti rilanciano avaramente i compagni. Sono smorbi, mi dico, e anche stanchi di Malmoe. E la Sampdoria, come è vero Dio, svirgola due altre possibili palle-gol Con Saltutti al 27' e con Bedin al 28' (su cross di Tuttino). La gente s'inquieta: io rido sul mio pronostico irriverente. Rischiano disegnare Graziani in tuffo, Puliciclone esplodendo il sinistro, il Pat uccellando Cacciatori ma non Lippi in agguato sulla linea.
Finalmente si indigna il Pat e rilancia teso nel settore centrale e Graziani di testa rifinisce per Pulici, in largo credito su di lui: Pulici controlla rapido e batte il sinistro come uno che mulinando la draghinassa voglia decapitare il nemico a lui di fronte. Il fendente è qualcosa che sibila nell'aria: Cacciatori poveretto vola e picchia mestamente di naso (piquer du nez: gergo aviatorio): la rete si solleva come se l'investisse un'orca.
I tamburi stanno rombando la liberazione di tutti. "Hai visto?", m'incalza Balma con il tono di chi perdona, magnanimo, un amico. Dico: "Ho visto. Sinceri complimenti per Malmoe".

Gianni Brera

mercoledì 3 giugno 2020

Bologna - Torino 0-3

dal Guerin Sportivo n.42 del 1976

Ho visto un grande Torino battere il Bologna 3-0. La squadra ha progredito moltissimo e adesso gioca fuori casa quasi al livello che riesce a raggiungere al Comunale davanti al suo rabbioso pubblico. Il Torino oltre ad avere grandi qualità collettive e individuali e tecnico-tattiche, vuol vincere a tutti i costi; tutti i giocatori lottano. Né sull'uno a zero, né sul due a zero, ho visto i Granata ripiegarsi sulla difensiva; si è così arrivati al terzo e poteva andare anche peggio al Bologna. Quando il Torino è attaccato, si nota un rapido raggruppamento difensivo che comprende anche 9 giocatori, dopo però, appena il pericolo è finito, la roccaforte si apre a raggiera lasciando partire giocatori in tutte le direzioni, ma sempre verso l'attacco. Il modo di giocare del Torino si articola in quattro capisaldi:
rimane in possesso dell'iniziativa del pallone quasi costantemente
impegna l'avversario, lo suggestiona così da farlo restare incerto sia fisicamente che moralmente
se attaccato difende in nove, non lascia spazio alle infiltrazioni degli avversari
pensano all'offensiva tutti sia smarcandosi in profondità, sia giocando in profondità, sia lanciando le due punte Graziani e Pulici, sia correndo loro in aiuto per evitare di isolarli troppo.



Su questo spirito di gioco ho visto una difesa solida che marcava spietatamente a uomo con Danova su Grop, Mozzini su Clerici e Salvadori su Pozzato. Dietro il libero Caporale e il portiere Castellini che irradia fiducia alla squadra con la sua pacata sicurezza. Il centrocampo filtra a meraviglia e costruisce una gran mole di lavoro con Zaccarelli, Patrizio Sala, Pecci e Butti in campo al posto di Claudio Sala; tutti seguono il concetto moderno secondo il quale "è regista chi ha il pallone", il tutto è coronato da Pulici e Graziani in punta. La tattica assomiglia graficamente a due triangoli isosceli in parte sovrapposti cioè, con i vertici acuti verso la loro porta. Il triangolo più indietro ha Pecci al vertice, a sinistra Zaccarelli e a destra Patrizio Sala; il triangolo più avanzato è formato da Butti al vertice arretrato (dove abitualmente c'è Claudio Sala), Pulici a sinistra e Graziani a destra.
Pulici non è in gran forma, ma Graziani l'ho trovato in forma smagliante. L'ho visto a livello mondiale ed ha segnato due gol con una classe, una calma e una vista eccezionali. Di testa per il primo e con il piede per il secondo tutte e due le volte ha guardato bene dove era meglio tirare e dove si era piazzato il portiere; non ha tirato verso la porta a casaccio come fanno il 9 su 10 dei giocatori.

Sul terzo gol ha aspettato un attimo, mentre era col pallone al piede, affinché la difesa bolognese gli andasse tutta incontro poi ha servito Garritano che era rimasto solo. Pulici è stato giustamente sostituito nella metà del secondo tempo da Garritano che è tutt'altro che un rincalzo, anzi è una bella realtà; appena entrato si è trovato a tu per tu con Mancini e ha salvato Roversi alla disperata, poco dopo ha segnato con un tiro impeccabile.
Sarà difficile strappare lo scudetto dal petto del Torino, perché lo vedo cucito a filo doppio. Il Bologna ha sofferto molto per prima cosa per la superiorità quasi assoluta del Torino su tutte le linee, in secondo luogo per l'assenza di Bellugi, terzo a causa dell' inferiorità del centrocampo che marcava a uomo Rampanti su Pecci, Nanni su Sala, Pozzato su Salvadori e Maselli su Zaccarelli. A parte questo i centrocampisti Rossoblu hanno pensato esclusivamente alle loro responsabilità difensive individuale invece i torinesi hanno pensato fin dal primo momento in chiave offensiva.
L'assenza di Bellugi ha giocato un brutto scherzo al Bologna. Giagnoni invece di sostituirlo con un uomo simile (come il Torino ha fatto con Butti per Claudio Sala) ha scombussolato tutta la squadra, cambiando di posto ed i compiti ad almeno quattro uomini. Ciò ha diminuito e reso incerto il loro rendimento. Come se ciò non bastasse proprio in questa difficile occasione è stato buttato in pasto alle fiere il debuttante Pozzato che non si è quasi mai visto se non quando ha sbagliato un gol nel secondo tempo con un tiro al lato. Si sono fatte sentire le assenze di Massimelli a centrocampo e Chiodi all'attacco. In effetti il bravo Clerici si è battuto come un leone, ma era troppo solo, si spostava a destra a sinistra per sfuggire a troppe marcature, ma quando crossava non c'era nessuno a raccogliere il suo lavoro.

Una squadra è certamente un collettivo ma cambiate Grop con Graziani e quale sarebbe stato il risultato dell'incontro? Come si vede nel calcio i valori individuali contano ancora; Grop è rimasto acerbo: sa giocare, è veloce, ha la dote del cambio di ritmo nella corsa, ma è stato schiacciato sia nel gioco di testa che sul fisico perché Danova è più possente.
Grop non ha il tiro preciso e potente di Graziani, altrimenti avrebbe potuto segnare al quarantacinquesimo dando un altro morale e una svolta alla squadra. Deve ancora disciplinare il suo gioco, alquanto confusionario. Non deve sfarfallare, gli spostamenti al centro e a destra deve farli solo a ragion veduta. Altrimenti finisce che è lui che ci rimette perché non trova più spazio per lanciarsi. Il Bologna non deve prendersela troppo; non sempre troverà di fronte a se una squadra come il Torino in stato di grazia.







lunedì 1 giugno 2020

Genoa - Roma 2-2

dal Guerin Sportivo n.41 del 1976

Menichini, Pruzzo e Di Bartolomei
Menichini e Pruzzo

Ho assistito alla partita Genoa Roma che è stata molto interessante è combattuta. Numerosissimo il pubblico, accorso per l'esordio in A del glorioso Genoa che avrebbe meritato la vittoria, sfuggita negli ultimi momenti con un confuso autogol opera di Rossetti e Campidonico. Il Genoa mi è piaciuto come squadra; i nomi della maggior parte dei giocatori sono quasi sconosciuti ma sono interessanti elementi che si metteranno in luce durante l'annata. Il Genoa mi è apparsa squadra da centro classifica che può puntare su tre buoni e solidi difensori. C'è Secondini, terzino d'attacco, che mentre seguiva Bruno Conti che arretrava si è trovato tre volte in serie occasioni da gol; gli altri due sono Matteoni e Rossetti, spietati marcatori delle punte avversarie, Castronaro che è dotato di fiato, ha un bel fisico, è veloce, attacca e difende. Il motore è ancora il vecchio Rizzo che ho trovato in ottima forma, con notevole vitalità e che, inoltre, ha sempre la ben conosciuta classe. Con la sua esperienza, ha costruito una gran mole di gioco e offerto, con un perfetto passaggio rasoterra, il primo gol della partita a Damiani. Damiani ha vinto nettamente il duello con Rocca portandolo al centro e a sinistra per avere l'iniziativa e per impedirgli l'attacco. Damiani ha segnato il primo gol ed ha regalato altruisticamente il secondo a Pruzzo. 
Il gol di Pruzzo

È stato pericoloso ogni qualvolta partiva al centro o verso la sinistra dove Rocca gli lasciava fare il suo comodo. Pruzzo, che ho visto per la prima volta, è stato il giocatore che più attirava gli sguardi data la sua altissima quotazione. A me è sembrato un ottimo elemento, ancora un po' grezzo. È forte fisicamente, dribbla e scarta molto bene ed è difficile da spiazzare quando difende con forza il pallone. Possiede lo stacco di testa e tira con entrambi i piedi. I suoi attuali punti deboli sono la poca mobilità e la mancanza di scatti brevi, invece una volta lanciato è inagguantabile.
La Roma non ha rubato niente, col suo telaio di base che è sano moralmente. Questo nucleo è composto da Santarini in difesa, De Sisti a centrocampo e Prati in attacco. La squadra, depurata dagli elementi disturbatori, gioca adesso più felice e compatta. Tutti offrono alla bandiera giallorossa quello che hanno dentro, come deve essere nello sport. I due attaccanti Prati e Musiello si completano a vicenda. Musiello mi è piaciuto. Magari non ha l'esperienza e il fiuto di Prati, ma corre il doppio di lui e lotta senza tregua. Questa nuova coppia mi è parsa già ben amalgamata. La Roma ha dovuto adattare il suo gioco allo stile e alle caratteristiche delle punte cioè ad una spiccata propensione per il gioco di testa. 

Il gol di Prati
Anche in questa occasione Prati ha segnato un bellissimo gol, buttando in rete un cross di Boni con uno dei suoi esemplari stacchi, la Roma però ha un difetto, cioè gioca priva di ali. Anche Bruno Conti, numero 7, preferisce non mollare il centrocampo. Ha praticamente giocato più da terzino alle calcagna di Secondini, che da attaccante. La mancanza di uomini all'ala non è compensata dagli inserimenti dei centrocampisti De Sisti, Di Bartolomei, Boni o Conti che non arrivano mai e questo è un difetto da correggere. Nella Roma solo Rocca è capace di arrivare sotto porta; durante l'incontro con il Genoa però, Rocca, disturbato dal guizzante Damiani che si smarcava da una parte all'altra del campo, non è riuscito a partire che una sola volta, nel secondo tempo. Su questo cross, Musiello avrebbe potuto portare in vantaggio la Roma, ma il tiro ha sbattuto sull'esterno della rete.


domenica 24 maggio 2020

Robert Prosinecki

dal Guerin Sportivo n.2 del 1988


Per la prima volta nella storia della Jugoslavia, calciatore dell'anno è stato eletto un ragazzo non ancora diciannovenne, quel Robert Prosinecki della Stella Rossa che ai Mondiali Juniores in Cile, fu proclamato miglior calciatore della manifestazione. Calcisticamente nato a Zagabria, Prosinecki si è avvicinato al calcio quando, come tanti suoi coetanei sui 12-13 anni, si presentò al campo della Dinamo per essere ammesso a una delle squadre giovanili del club biancoblu. A quei tempi responsabile dello staff tecnico era Miroslav Blazevic che, dopo averlo visto giocare, qualche volta gli si avvicinò e gli disse di cambiare mestiere. Robert continuò a giocare e con la formazione Juniores della Dinamo partecipo anche al torneo di Viareggio. A Zagabria però per il ragazzo c'era ben poco futuro. Quando la Stella Rossa gli propose di trasferirsi a Belgrado la sua risposta fu ovviamente affermativa; a volerlo nella squadra più popolare della Jugoslavia era stato l'allenatore Velibor Vasovic che vedeva in questo ragazzo di buona struttura fisica un fuoriclasse in potenza. Subito promosso titolare, Prosinecki è diventato presto il preferito dei tifosi, con il suo bagaglio tecnico che gli consente tutte le giocate possibili indipendentemente dalla posizione in campo. Certi suoi lanci di cinquanta metri in cui precisione e potenza si sposano perfettamente, mandano in sollucchero non solo i tifosi della Stella Rossa ma anche quelli della squadra avversaria e c'è chi, vedendolo giocare, si è preso la briga di contare in quante combinazioni entri durante i novanta minuti. Non sono mai meno di 40/50 e il più delle volte risultano decisive o pericolose per gli avversari.

Vinko Sale

Claudio Paul Caniggia

dal Guerin Sportivo n.2 del 1988


Claudio Paul Caniggia è un'ala veloce e guizzante; non ha giocato molte partite nella prima squadra del River Plate, il club di Buenos Aires al quale appartiene, ma fa già parte della galleria degli assi del calcio "criollo". "En la rutas de los grandes mas grandes" scriveva "La deportiva" quando si diceva che la destinazione del "muchacho" era la Juve. È stata la prima squadra italiana a mettere gli occhi su questo gioiello ancora un po' grezzo, attraverso i due emissari dell'Atalanta Previtali e Landri che all'inizio del 1987 setacciarono in lungo e largo il Sudamerica per conto di Giampiero Boniperti. Ma qualcuno andò a raccontare in Italia che Claudio, nato a Henderson in provincia di Buenos Aires, è un tipo un po' indisciplinato e questo raffreddò gli entusiasmi della Vecchia Signora. Il puntero che Carlos Bilardo ha introdotto nella nazionale biancoceleste è un ragazzo normale, gli piace la musica moderna, frequenta ogni tanto le discoteche.
Il tecnico del River Carlos Griguol gli faceva giocare spezzoni di partita perché sosteneva che non avesse ancora raggiunto l'equilibrio tecnico fisico, ma poi ha dovuto ricredersi. Come ha fatto Bilardo che all'inizio della Copa America disputata tra giugno e luglio 1987 impiegava Caniggia soltanto a mezzo servizio. Pur non giocando a tempo pieno, ha firmato due dei cinque gol dell'Argentina in quel torneo; gli altri tre li segnò Maradona. "El Garrincha blanco" come lo ha definito la rivista "Super Football" è entrato in nazionale a furor di popolo.


Oreste Bomben

sabato 9 maggio 2020

Herbert Prohaska

dal Guerin Sportivo n.12 del 1980


Venticinque anni di età, viennese purosangue, a 15 anni Prohaska era già un professionista. Dopo aver cominciato in una piccola squadra di dilettanti l'Ostbahn XI, un club che prende il nome dalla stazione ferroviaria situata nei sobborghi orientali di Vienna, come tutti i ragazzi della sua età Prohaska aveva un sogno vestire il biancoverde del Rapid Vienna e invece quando si trasferì in una squadra grande fu l'Austria Vienna che se lo assicuro per 700 milioni di scellini; una cifra scandalosa sia per l'età del giocatore, 17 anni da poco compiuti sia per le quotazioni allora vigenti sul mercato austriaco. Approdato all'Austria Vienna nel 1973, già all'anno successivo Prohaska si aggiudicava il primo trofeo importante, la coppa, ripetendo l'exploit nel '77. Due anche i titoli assoluti vinti sempre con la maglia dell'Austria nel '76 e nel '79. Fantastico sostenitore del gioco corto, Prohaska deve a questa sua preferenza il soprannome di "Lumaca" che i suoi tifosi gli hanno affibbiato; ma chi pensa lui come un giocatore lento sbaglia. Prohaska infatti, pur non essendo un fulmine di guerra, è uno che gioca veloce nel senso che fa correre il pallone. Una delle sue specialità sono i lanci lunghi e precisi che permettono ai suoi compagni di operare sempre nel miglior modo possibile.

Stefano Germano


Juentus - Milan 0-1

Gullit contrastato da Magrin
dal Guerin Sportivo n.2 del 1988

Le vie della Signora sono finite? Il Napoli capolista dilegua all'orizzonte, nove punti più avanti; e non si è ancora chiuso il girone d'andata. Marchesi si consegna all'ennesima contestazione. Nella circostanza credo che pochissima, forse nulla, abbia sbagliato. Mancando di Brio, il solo in grado di contrastare le svettanti arrampicate aeree di ascensore Gullit, si è affidato a un complicato meccanismo di trincee mobili, disseminando di ostacoli e di trappole le zone di tradizionale monopolio rossonero. Il Milan, che aveva disintegrato un Napoli floscio e presuntuoso, si è così visto costretto a pattinare in folle, al momento di finalizzare la manovra. Ha macinato iniziativa continua, ma la prima genuina parla goal è capitata sul piede balordo di Ian Rush, cannoniere in disarmo e prima ancora Laudrup era stato fermato al momento di sbizzarrirsi solitario a rete dalla frettolosa bandiera di un guardialinee distratto. Marchesi deve essere messo alla gogna anche quando il suo celebre bomber gallese fallisce due palle gol da infilare a occhi bendati? Certo è più dolce la vita per Sacchi che, nel momento del pericolo, sente la scorrevole mano di Ruud Gullit sollevarlo di peso e trascinarlo al traguardo. Ma queste sono parole, in fondo. La classifica parla un linguaggio che è inutile addolcire. La Juve scivola dietro anche alla deludente Inter di questa stagione. Non riesce a vincere e mostra solo orgogliose reazioni da belva ferita quando il punteggio la condanna. Per quest'anno le vie della Signora sono proprio finite: fuori dall'UEFA, fuori dal campionato. Quando Agnelli ha dichiarato che la grande Juve si rivedrà solo nel Novanta, molti bianconeri hanno reagito piccati. Bè, io sto con Agnelli.

Galli respinge un tiro di Rush

Il personaggio più straordinario di tutti è probabilmente Ruud Gullit, che ho visto espugnare Torino mantenendo il suo Milan in scia al Napoli. Nella mattinata domenicale, illuminata da un Limpido sole, una lunga carovana rossonera muoveva verso Torino, trascinata dalla Fede in questo singolare profeta dalle lunghe trecce nere. E poi dagli spalti scendevano osanna e invocazioni. Lui, Gullit, talento e carisma, magnifico stregone del goal, gravitava addosso alla Juventus con un impeto insostenibile per l'onesto Favero. Una pezza prodigiosa la metteva Tacconi, con intero sfruttamento della sua apertura alare. Sulla replica, il colpo di testa di Gullit era una frustata cui non si poteva porre rimedio. Il Milan non mi convince ancora a pieno, concede troppo all'avversario, con quella sua fiducia cieca in una tattica (il fuorigioco esasperato) che a volte si ritorce come un boomerang. E davanti concretizza non in proporzione all'enorme mole di manovra sviluppata. Ma fin quando Gullit sarà ispirato come gli accade in questo inizio di Ottantotto, allora tutte le perplessità sono destinate a sciogliersi.

Adalberto Bortolotti