Claudio Paul Caniggia è un'ala veloce e guizzante; non ha giocato molte partite nella prima squadra del River Plate, il club di Buenos Aires al quale appartiene, ma fa già parte della galleria degli assi del calcio "criollo". "En la rutas de los grandes mas grandes" scriveva "La deportiva" quando si diceva che la destinazione del "muchacho" era la Juve. È stata la prima squadra italiana a mettere gli occhi su questo gioiello ancora un po' grezzo, attraverso i due emissari dell'Atalanta Previtali e Landri che all'inizio del 1987 setacciarono in lungo e largo il Sudamerica per conto di Giampiero Boniperti. Ma qualcuno andò a raccontare in Italia che Claudio, nato a Henderson in provincia di Buenos Aires, è un tipo un po' indisciplinato e questo raffreddò gli entusiasmi della Vecchia Signora. Il puntero che Carlos Bilardo ha introdotto nella nazionale biancoceleste è un ragazzo normale, gli piace la musica moderna, frequenta ogni tanto le discoteche.
Il tecnico del River Carlos Griguol gli faceva giocare spezzoni di partita perché sosteneva che non avesse ancora raggiunto l'equilibrio tecnico fisico, ma poi ha dovuto ricredersi. Come ha fatto Bilardo che all'inizio della Copa America disputata tra giugno e luglio 1987 impiegava Caniggia soltanto a mezzo servizio. Pur non giocando a tempo pieno, ha firmato due dei cinque gol dell'Argentina in quel torneo; gli altri tre li segnò Maradona. "El Garrincha blanco" come lo ha definito la rivista "Super Football" è entrato in nazionale a furor di popolo.
Oreste Bomben
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